Dio nella macchina da scrivere – Irene di Caccamo

“Bisogna che io sia viva. E io lo sono solo se scrivo.”

Mi piace sapere che dietro a una trama ci sono, o ci sono state, persone vere in carne e ossa, gente che ha riso, pianto, gustato, viaggiato, amato, fatto cose ordinarie ma anche straordinarie, superando fiumi di difficoltà come tutti noi comuni lettori quando non siamo con gli occhi puntati alle pagine di un libro. Cosa ci posso fare? È una delle mie fissazioni. Prendetela come una considerazione soggettiva ma sappiate che anche in questa lettura, per tutto il tempo impiegato ad arrivare ai ringraziamenti finali, ho cercato di immaginarmi la vita e, soprattutto i pensieri e le emozioni, sofferte ed eccessive, di questa donna realmente esistita la quale da imperfetta casalinga della confortevole middle-class americana diventò una straordinaria, splendida figura letteraria del Novecento: Anne Sexton.

All’apparenza Anne aveva tutto: l’età a favore, una bellezza come poche, una famiglia deliziosa con due bambine bellissime e un marito amorevole e paziente che non si tirava mai indietro nella complicata gestione familiare. Ma Anne era una donna difficile. Sempre scontenta, frustrata, eccessiva. Aveva delle turbe emozionali e comportamentali quasi certamente derivate dall’infanzia che sfogava con ettolitri di alcool, occasioni sessuali con più uomini e continuo autoerotismo. Scriveva, altresì, pagine e pagine di rime poetiche, vivendo periodi assorbiti da una produzione letteraria ossessiva.

La vita scivola via poco a poco, me ne sto seduta alla scrivania con le gambe allungate, due aste rigide sopra il tavolo. Intanto il mio giovane amante mi chiama e legge la Bibbia al telefono a lungo mentre la mia testa se ne va lenta per conto suo. Rosa, mia figlia piccola, è rimasta a casa e piagnucola di continuo nella sua stanza, è una colonna sonora di dolore incessante la sua voce, nulla è cambiato, la lascio fare perché non saprei che altro fare. Ho preso dei tranquillanti oltre le pillole di sempre e mi è sembrata la cosa migliore e ora ho la mente di nuovo disciplinata da farmaci. Credo comunque di amare ancora molto mio marito senza dirlo, lo incrocio di continuo in ogni angolo della casa inutilmente, e tra il panico e la noia, cerco una via di uscita.”

Non nascondo che a tratti ho faticato nel prosieguo di quest’intima riscrittura dei giorni della poetessa americana, amica peraltro di Silvia Plath (citata in un capitolo). Irene di Caccamo si è dimostrata all’altezza dell’avventura letteraria, restituendoci l’espressività e il carico dell’insolita figura femminile. Ci ritroveremo quasi subito bramosi di capire e scuriosare tra i risvolti della quotidianità di Anne, non senza, almeno a me è successo così, un crescendo di meraviglia e disagio scaturito dalla lettura consapevole dello scarso equilibrio familiare, che fu causa di sofferenza psicologica per le due bambine di Anne.

Consiglio questo libro a chi ama le biografie, le scritture schiette e intense. A chi non teme il dolore e il caos emotivo.

Lida

TITOLO: Dio nella macchina da scrivere – pagg 252

AUTORE: Irene di Caccamo

EDITORE: La Nave di Teseo

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